Gerardo Marchitelli

Gerardo Giuseppe Marchitelli nasce il 22 febbraio del 1947 a Sant’Agata di Puglia in provincia di Foggia. Nei primi anni ‘50 si trasferisce a Roma fine consegue la maturità classica presso il Liceo Ginnasio “Giulio Cesare”. In seguito si laurea in lettere presso l’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma. Giovanissimo entra nell’organico del Liceo Ginnasio “Padre Annibale Di Francia”, dell’ordine dei Rogazionisti, come docente di latino. Incarico che lascia solo  quando vince il concorso nazionale per la cattedra nella scuola pubblica. Nel 1992 con un gruppo di amici e familiari fonda l’Associazione Culturale Anemos, presso la quale dirige il centro Studio di Potenziamento e Accompagnamento Scolastico e tiene corsi di latino e greco. Attualmente è Consigliere della Fondazione Valerio Marchitelli Onlus dove continua a dirigere il settore potenziamento e accompagnamento allo Studio e a insegnare Latino e Greco.  

Ha collaborato con diverse testate giornalistiche locali come inviato per il settore scuola. 

È autore di numerose opere in poesia e in prosa.

La scrittura di Gerardo Giuseppe Marchitelli è una scrittura provocatoria, di rottura, che forza i canoni della tradizione, contamina stili e strutture, li svilisce fino all’usura, li lacera per giungere ad abitare un terreno metà-fisico che appare ironicamente vuoto e le rende non letterarie. Volutamente. Non devono dire perché non c’è da dire! Deride e caricaturizza le sembianze di personaggi vaghi eppur presenti. Sembra aver raccolto una certa eredità della scrittura sperimentale del secondo ‘900. Ma molto gli viene dal teatro classico satirico. La sua prosa è solo apparentemente scanzonata! Non deve dire il suo dolore. Non glielo permette. Qualcosa di “Quel pasticciaccio brutto di via Merulana” di Gadda ci dev’essere. Da quella esperienza ne è uscito senza accorgersene e senza sapere che cosa si è portato dietro.

I temi sono diversi. L’autore sembra scegliere temi lontani dalla realtà perché quella che lo circonda è dolorosa, le gira intorno, la tiene a distanza, la imbavaglia. La cerca accanto al focolare, un focolare che non riscalda, la cerca all’ombra della nostalgia, un nonno, un eterno aedo che sembra non canta più storie affascinanti. Il nipotino assonnato non ascolta. È la prosa si fa sterile, la fabula scarna, le parole ridondanti si scherniscono nel corpus letterario senza senso apparente. Esse nascondono un dolore inespresso, quasi gli fanno barriera, lo proteggono. Allora il gioco del gatto con il gomitolo o quello  delle volute del fumo della sigaretta sempre accesa girano  in vuoto percorso o salgono verso un cielo irraggiungibile.

I suoi personaggi sono immersi in una storia che si ripete alla ricerca illusoria della libertà, libero arbitrio e ricerca della felicità.